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La rosa maculata (2a parte)

Successe poi che il padrone del vaso, per qualche tempo dovette assentarsi da casa e, dopo aver levato il secondo fiore morto, per diversi giorni non pote avere nessun tipo di cura nei confronti del recipiente e dei suoi abitanti. L’acqua quindi cominciò a scarseggiare ma per una strana coincidenza, dalla parte della rosa c’era alla base del vaso una leggera cavità dove si era raccolta sufficiente acqua per mantener in vita i due esserini. Dalla parte del fiore invece l’acqua era terminata e quest’ultimo, per evitare la fine dei suoi amici, chiese gentilmente alla rosa se potevano dividersi quel piccolo punto dove l’acqua si era raccolta. La rosa però, con tutta l’arroganza che poteva avere in se gli rispose “Non se ne parla proprio, non mi muoverò di un centimetro, d’altronde non è certo colpa mia se sei solo un fiore sfortunato!” Disse questo e si girò verso il sole, incurante del sicuro destino a cui andava incontro l’altro.

Passarono i giorni e l’inevitabile fine per il fiore arrivò. Così ora la rosa rimase sola, e in cuor suo non sentiva molta differenza rispetto a prima. “Meno male” pensava ”non ho bisogno di nessuno io, posso cavarmela da sola come ho sempre fatto.” Ma la rosa non sapeva quanto avrebbe rimpianto gli altri fiori. Infatti da quando era rimasta sola, si era sentita percorrere da un sentimento di infelicità, e si sentiva triste e incompleta. ”Non sia mai che io, la rosa maculata abbia bisogno di altri stupidi fiori.” Ma questi sentimenti, la portarono alla distruzione. Non faceva altro che pensare ai poveri fiori defunti e per la prima volta si rese conto di quanto erano importanti per lei e soprattutto il suo ruolo nella loro morte. Pian piano iniziò a perdere i petali, quei bei petali che un tempo erano stati il suo più grande vanto e la posizione, da perfettamente eretta divenne curva sempre di più, fino ad arrivare ad un semi arco. Non era più la bella rosa di una volta e i segni del tempo e del dolore si erano impossessati di lei come un bambino si impossessa del suo giocattolo preferito, con avidità e decisione.

Era sul punto di lasciare questo mondo e il padrone del vaso se ne accorse, tant’è che comprò altri tre fiori e un’altra rosa, bella, bellissima anche lei, anche se non maculata. La vecchia rosa se ne stava lì, in un angolo, taciturna, e questo non avrebbe fatto notizia dato che la sua intera esistenza l’aveva trascorsa in questo modo. Ma c’era qualcosa di diverso adesso in quel silenzio, una volta dettato dalla superiorità e dalla presunzione. Qualcosa di strano nel modo in cui affrontava la giornata, nel modo in cui vedeva le cose, qualcosa di “saggio,” La situazione che le si presentava era la stessa di qualche mese prima, solo che erano cambiati i protagonisti. I fiori erano allegri, gioviali, parlavano e ridevano tutto il giorno cercando di incorporare nella loro complicità la rosa che invece, se ne stava lì sola soletta senza rispondere a nessuna domanda e ricordando ai fiori, almeno una volta al giorno, quanto lei sia migliore di loro. Un giorno la vecchia rosa, sentita la rosa più giovane dare una risposta alla “loro” maniera, dove per “loro” s’intende di entrambe le rose, la giovane e la vecchia quando lo fu, la ammonì dicendole che non è la bellezza l’unica cosa importante in questo mondo ma anzi, più avanti, avrebbe desiderato di essere come quei fiori che tanto disprezzava. La rosa dal canto suo le rispose con un” Taci vecchia, che ne puoi sapere tu di bellezza” e l’episodio terminò lì. Accadde poi che uno dei fiori, per cercare di avvicinarsi agli altri perse l’equilibrio e cadde dall’altra parte del vaso, in diagonale e con lo stelo semi spezzato. La scena sembrava quella di qualche tempo prima. I fiori all’unisono chiedevano aiuto alla rosa giovane, ma lei noi ne volle sentire perchè non voleva rischiare di rovinarsi a causa di uno scapestrato fiore. A questo punto però, accadde una cosa imprevista. La vecchia rosa, anche lei vicina al fiore, con le ultime forze rimaste fece leva sulla parte superiore dell’amico e così facendo riuscì a raddrizzarlo e quindi a salvarlo. Fu un tripudio di gioia. Tutti i fiori esultarono all’unisono e i complimenti e i ringraziamenti si sprecavano. Ma la vecchia rosa non poteva udirli. Era arrivata alla fine della sua storia e l’unica cosa che riuscì a pensare prima del nulla fu che avrebbe voluto salvarli tutti quei fiori, quei magnifici e generosi fiori. Si accasciò poi su se stessa, per sempre.

Quello che avvenne dopo fu incredibile. I fiori, in lutto per la rosa eroica le dedicarono un funerale che solo i vegetali sanno fare, con canti e danze ripetuti tutti i giorni, e che vennero eseguiti anche dopo che il padrone la levò dal vaso. La rosa giovane, avendo visto la scena ebbe come un’illuminazione e finalmente capì quant’è importante la vita in se stessa e che il corpo era solo un contenitore dell’anima e da quel giorno partecipò attivamente, non solo ai funerali ma anche a tutti i discorsi dei fiori e cominciò ad amarli. E questa signori è la storia della rosa maculata, narratavi dall’unico testimone che conobbe tutti i protagonisti, dal primo all’ultimo e che nella sua vita ne ha ospitati tanti e ne ospiterà tantissimi altri, si spera, che seguiranno l’esempio dalla vecchia rosa.

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La rosa maculata (1a parte)

C’era una rosa e c’erano altri fiori, altri tre fiori. Tutti insieme vivevano in uno splendido vaso. Uno di quelli variopinti, probabilmente di un certo valore, data la sua antichità. I tre fiori vivevano in esso tranquilli, e felici della loro funzione ornamentale. Erano molto simpatici e passavano tutta la giornata a parlare del tempo, a godersi i candidi raggi del sole che a turno li abbracciavano e se possibile, ad aiutarsi tra loro soprattutto nelle notti gelide quando si stringevano l’uno accanto all’altro per puro e semplice istinto di sopravvivenza. Andavano decisamente molto d’accordo. Dall’altra parte del vaso, e distanziata da loro, c’era una rosa. Era un esemplare magnifico, diverso da tutte le altre della sua specie. Era possente così dritta, ma allo stesso tempo elegante. Aveva un portamento sontuoso e per questo si era guadagnata la stima degli altri fiori. Inoltre, a renderla unica, aveva sui suoi petali rossi fuoco delle sfumature di bianco che, se non fosse che era un essere vivente, si sarebbe pensato che un artigiano, uno dei migliori però, gliele avesse dipinte come ornamento, tanto erano ben fatte. La rosa invece, se si è detto che per il suo aspetto aveva guadagnato la stima dei coinquilini, di certo con i suoi modi l’aveva persa tutta anzi, era forse in debito con loro. Infatti non partecipava mai alle chiacchiere degli altri fiori e molto spesso nemmeno rispondeva alle loro domande. Se ne stava lì, in un angolo, eretta e ben attenta a non mostrare nessun punto di debolezza.

Un giorno accadde che uno dei fiori, inavvertitamente, nel fare il classico movimento di avvicinamento verso gli altri due, inciampò e cadde proprio a fianco alla rosa. Ora, essendo un vaso non troppo largo proprio per evitare tali situazioni, non si potrebbe parlare di vera e propria caduta. Fatto sta però che il fiore aveva definitivamente perso l’equilibrio e si trovava in diagonale con l’estremità finale dello stelo da una parte e i petali con tutta la corolla dall’altra. Detta posizione, per quanto a noi possa sembrare così terribile, per il fiore non era poi così male, se non fosse per il fatto che, nella caduta, parte del fusto si era leggermente incrinato ed era sul punto di rompersi se non fosse tornato al più presto nella sua posa originaria. La rosa, data la sua vicinanza, era l’unica che potesse aiutarlo, quindi il fiore si rivolse a lei con tutta la cortesia che il caso poteva permettere e gli chiese se gli dispiacesse dargli una spintarella così che potesse riprendere il controllo di se stesso. Al che la rosa rispose ”Fossi matta, così rischio di rovinare la mia bellezza; arrangiati da solo! ” A nulla servirono le suppliche del povero fiore alle quali si aggiunsero quelle degli altri che, impotenti, guardavano la situazione da una certa distanza. La rosa però, si fece scivolare addosso tutte quelle parole e incurante, continuò imperterrita la sua fanatica esibizione. Passò qualche ora e la situazione del povero fiore andò via via peggiorando fino a che, agonizzante, cessò di vivere.

Il proprietario del vaso, accortosi della morte del fiore, lo levò da lì. Il che da un certo punto di vista fu una fortuna perché aiutò gli altri due a dimenticarlo più in fretta. Ritengo quasi superfluo aggiungere la reazione dei fiori che si struggerono e disperarono per le due settimane che seguirono e, semmai un essere vegetale avesse mai pianto, quella era sicuramente l’occasione adatta per iniziare. Ovviamente l’accaduto aveva alimentato lo sdegno dei fiori nei confronti della rosa, ma si da il caso che nel mondo floreale, tenere rancore nei confronti di un proprio simile sia impossibile e quindi in poco tempo, i due fiori tornarono allegri come prima, parlando del più e del meno e cercando invano di includere nei propri discorsi anche la “sostenuta responsabile”. Di tutta risposta, essa se ne stava lì, apatica si sarebbe detto, ma raggiante come non mai. Successe poi qualche tempo dopo che la rosa si esibisse in uno dei suoi rarissimi movimenti, che limitava al minimo indispensabile proprio per paura di non sciuparsi. Uno dei due fiori però, suo malgrado, molto presto scoprì che, sistematasi nella nuova posizione, la rosa copriva la parte di sole destinata a lui e senza la quale, di lì a pochi giorni, sarebbe appassito. Da parte sua provò a chiederle con gentilezza se poteva scostarsi quel tanto che bastava per far si che anche lui ricevesse il prezioso calore, ma la rosa non ne voleva sapere. Si era già mossa poco tempo prima e sarebbe passato molto altro tempo prima che avesse soltanto ripensato ad una nuova posa da assumere. Diceva ”Non è colpa mia se, con la mia maestosità faccio ombra su voi fiori” e a nulla servirono le esortazione anche dell’altro fiore, quasi disperato dall’idea di perdere il suo compagno e amico. Passavano i giorni e il fiore oscurato, sempre più debole e dopo aver tentato di spostarsi per quello che gli era permesso, ma senza benefici, si abbandonò al suo destino e smise di lottare. Si spense dopo due giorni. Rimase quindi solo un fiore dato che la compagnia della rosa non poteva definirsi come tale e il processo emotivo che seguì fu esattamente lo stesso della prima volta: prima tristezza e rabbia, poi allegria e affetto. Il fiore allora, non avendo nessun altro con cui parlare, molto spesso rivolgeva domande di qualsiasi natura alla rosa che si risolvevano sempre in monologhi. E mentre nel fiore, il tempo e i dispiaceri avevano lasciato un marchio indelebile, lei, la rosa sembrava fresca e giovane come il giorno in cui la misero lì, se non di più.

Clio

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